“Grazie a Dio anche in inverno si hanno le possibilità che di solito ci sono in costume da bagno” dice Lilli con le mutandine in vista mentre fa una giravolta sui pattini. Lilli, la superformosa protagonista del fumetto creato da Reinhard Beuthien per il giornale Bild di Amburgo nel 1952.
Chi l’avrebbe immaginato che Barbie, il femminismo e l’erotismo di una bambola per adulti avessero qualcosa in comune, e soprattutto che tutt’e tre queste cose fossero venute fuori da un fumetto?
La Seconda guerra era da poco finita e nella redazione di Bild si trovarono con uno spazio vuoto. Il disegnatore Beuthien chiese e ottenne di poter pubblicare una striscia e da quel giorno, per caso, nacque Lilli, la bomba supersexy e superimpertinente che in poco tempo, un anno, divenne un sex symbol di carne e di carta.
Seni a punta come voleva la moda del tempo, occhi socchiusi da gatta che non guardano mai dritto e incorniciati da eyeliner nero, sopracciglia arcuate come fili sottili, gambe snelle e lunghe, fianchi rotondi fatti apposta per appoggiare le mani (di qualcun altro…), tacchi a spillo in vinile nero calzati da piedini minuscoli. Bocca imbronciata e a cuore rossa, tremula, peccaminosa come un fiore purpureo nell’umido della foresta. E poi capelli biondi ossigenati e cotonati raccolti nella coda di lato alta con ricciolo tirabaci sulla fronte e pelle di porcellana, liscia e pura come l’acqua di sorgente. Tutto in lei invitava al peccato. O alla dissolutezza, altra forma della libertà.
Il nome richiama la canzone famosa nella Germania del dopoguerra cantata dalla fascinosa Marlene Dietrich. Battaglioni di uomini leggendo il fumetto sognavano di ascoltare la voce morbida e calda, da camera da letto, di Lilli. L’immaginazione dei lettori si perdeva tra le strette cuciture degli abiti che sempre indossava, gli occhi riposavano maliziosi nel solco tra i seni pieni e cercavano di sbirciare sotto le gonne per scorgere una giarrettiera di merletto nero inchiostro.
Le strisce del fumetto contavano non più di 3 vignette ma erano storie complete. L’ambiente in cui si muoveva Lilli e nel quale si trovava meglio erano i bar, gli sgabelli davanti al bancone di mogano dove si faceva offrire alcolici, con la preferenza per champagne francesi e sigarette americane. Non disdegnava neppure le pellicce e i profumi francesi. Basta che tutto fosse un regalo dei suoi ammiratori. Per darle una parvenza di onestà, Beuthien la fece diventare una segretaria di un uomo molto bello, importante e ovviamente ricco.
Sottovoce si diceva che lei fosse una prostituta. Non solo gli uomini pendevano dalle sue labbra. Labbra mute che parlavano attraverso le vignette. Le donne la amavano perché aveva sempre la battuta pronta e una risposta arguta, dimostrava di poter sostenere ogni tipo di situazione, era indipendente perché nonostante tutti i suoi uomini viveva da sola e lavorava (in settori più o meno trasparenti…). Conosceva il mondo e la moda.
Un altro tratto molto interessante e che ha decretato il successo di Lilli come fumetto e poi anche come bambola, è che la sua figura riuniva in sé l’aspetto e i modi delle dive del cinema, la cultura in evoluzione del dopoguerra e le prime spinte femministe. Era una novità che aspirava al futuro respirando l’aria del passato.
L’enorme successo del fumetto diede l’input per trasformare Lilli in una bambola. I tacchi a spillo non si potevano togliere e il suo guardaroba spaziava dai lunghi vestiti con le spalle scoperte in velluto nero (tipica mise da cantante dei bar notturni o da attrice americana), ai pantaloni stretti alla Capri completi di maglia con scollo a barca. Insomma, la pelle coperta era sempre ben poca.
Lilli non era una bambola per bambini ma piuttosto per bambinoni molto cresciuti, uomini insomma che ora, in privato, si divertivano a spogliare l’eterna donzella. Lilli si trovava spesso appesa in macchina, nel furgone o nei posti di lavoro, gli uomini ripetevano spesso le battute famose e impertinenti di Lilli.
Tutte queste attenzioni sbarcarono anche dall’altra parte dell’Atlantico negli Stati Uniti dove la Mattel pensò bene di acquisire a poco a poco i diritti di Lilli, dal fumetto alla bambola. Quando Beuthien e il Bild si resero conto di cos’era successo, Lilli ormai non era più loro.
Praticamente Ruth Handler, una dei soci Mattel, durante un viaggio in Europa vede Lilli e decide di tornare a casa con lei. Negli Stati Uniti crea il primo stampo della Barbie, che viene presentata ufficialmente alla fiera del giocattolo di New York nel marzo del 1959, e fa firmare a Beuthien un accordo capestro che gli toglie il suo personaggio, la sua Lilli.
Barbie fisicamente era identica a Lilli, solo la carnagione era ancora più cerea. Barbie però nasceva senza anima e senza voce, con un passato ricostruito da brava ragazza che niente aveva a che vedere con i sordidi trascorsi da bar di Lilli, con i giochi di seduzione e la sua fine intelligenza.
Barbie era per bambine, Lilli traspirava femminilità sontuosa da tutti i suoi pori di plastica.
E soprattutto, a modo suo, Lilli era una pioniera dell’indipendenza femminile, la sintesi vivente e sublimata di arte, letteratura e stampa mentre Barbie, almeno all’inizio, sembrava una donna remissiva che ambiva solo a sposarsi, a tenere pulita la casa e ad andare in chiesa o a fare shopping vestita in modo decente e attento alla moda. Ci vorrà del tempo perché anche Barbie si emancipi e ancora oggi ci si chiede quanto la sua influenza possa fare bene alle bambine e che tipo di modelli trasmetta.
Mentre Lilli, con un sospiro o un sorriso, con quell’aria da peccatrice, era molto più avanti… Era una santa prostituta, un modello di libertà in un mondo che si rialzava dalla distruzione credendo che tutto, da lì in poi, si potesse cambiare.
Ah, wie einst Lili Marleen!