Piccolo esperimento sociale. Entrare in una casa, ben protetti alle spalle da persone armate fino ai denti, prendere la famiglia che ci vive e rinchiuderla in bagno. Un bagno dove l’interruttore della luce è gestito da chi ha preso possesso dell’intera abitazione.
Ogni volta che qualcuno dal bagno prova a dare calci alla porta, chiudere il contatore della luce e dell’acqua. Ora, prova a pensare: cosa faresti se fossi tu quello rinchiuso in bagno? Poi, prova a pensare: cosa faresti se fossi tu ad essere entrato in quella casa, convinto di essere nel giusto perché quella era la tua casa migliaia di anni fa e la tua religione sostiene che quella è la tua terra promessa?
Questa è più o meno la situazione che ha dato origine al conflitto israelo-palestinese. Interessi politici, economici e religiosi si concentrano nei pochi chilometri che costituiscono lo stato israelo-palestinese. Dopo anni di guerra e trattative di pace, la situazione resta più o meno bloccata. Nonostante gli accordi, il governo israeliano ha continuato ad allargare gli insediamenti coloniali nei territori palestinesi e di fatto questi ultimi sono rinchiusi nella Striscia di Gaza, soggetta ad embargo per terra, mare ed aria, e i campi profughi in territorio israeliano e nelle nazioni vicine come il Libano.
È difficile entrare in un campo profughi, Joe Sacco è uno dei pochi giornalisti che è riuscito ad entrarci e a ritornarci. I suoi appunti sono usciti sotto forma di graphic novel e pubblicati in diversi volumi. In Italia, le prime strisce di Joe Sacco sono state pubblicate su L’Internazionale: il lettering è stato in quell’occasione curato da Studio RAM che ha ricevuto i complimenti dall’autore per aver creato un font a partire da quello originale di Joe Sacco. Tutte le strisce alla fine sono state pubblicate in un unico volume, Palestina.
Ed è così che io sono venuta a sapere di come centinaia di migliaia di persone vivessero di fatto in un carcere a cielo aperto. I palestinesi che vivono in questi campi possono costruirsi una casa ma sono tutti schedati e hanno una tessera identitaria arancione, quindi di un colore diverso rispetto ai regolari cittadini. I punti di entrata e uscita del campo sono dei veri check-point controllati dall’esercito israeliano dove spesso i soldati sono ragazzi e ragazze, gli israeliani infatti hanno un obbligo di leva che dura 4 anni da dover fare entro i 30 anni.
Nei campi profughi devi fare domanda al governo israeliano per poter lavorare fuori dal campo e questo spesso viene negato. Se invece ti danno il permesso, hai solo 8 ore a disposizione per stare fuori e ti devi sbrigarti a tornare dentro all’ora del coprifuoco altrimenti vieni arrestato. Acqua, benzina, luce e altre materie prime sono razionate e ogni volta che ci sono disordini o minacce di rivolta, di intifada, il governo risponde con la chiusura dei rubinetti. Se anche poi riuscissi in qualche modo ad arricchirti, non potresti lo stesso aspirare a vivere in città. Famoso il caso di alcuni giocatori di calcio che nonostante guadagnassero molto non avessero comunque il permesso di vivere insieme agli altri cittadini.
I soldati ai checkpoint decidono chi far uscire. Succede spesso di stare in fila per ora per poi vedersi negare il permesso e dover tornare indietro. Restare al campo significa però anche non riuscire a fare la spesa per esempio.
Ovviamente questa militarizzazione costruita su una violenza burocratizzata provoca delle reazioni che alimentano l’odio da tutt’e due le parti: così nel palinsesto palestinese compare un sosia di Topolino che inneggia all’uccisione di ebrei mentre dall’altra parte i telegiornali israeliani ingigantiscono ogni razzo lanciato nel deserto e ogni pietra lanciata contro i convogli militari. Questa però è la verità dei media governativi e politicizzati, quando parli con le persone invece appare un’altra verità, quella delle persone stanche di dover avere paura dentro e fuori casa, le persone stanche della guerra e delle provocazioni da una parte e dall’altra e che vorrebbero solo vivere in pace.
Sono queste persone, che sono la maggioranza, che devono prendere in mano la politica, che devono fare un salto di fiducia dentro e fuori la cabina elettorale. Sono loro che devono scegliere di condividere alla pari e perdonare invece di ripercorrere la strada della vendetta senza fine.
Quando succederà questo? Ma soprattutto, lo faranno succedere?